Le origini e il Medioevo

Non si hanno notizie precise sulla nascita di Sampierdarena come centro abitato. Alcuni la fanno risalire all’età augustea, altri, collocandola in un periodo più recente, ritengono che le sue origini si debbano ricercare nell’epoca dei Goti, esattamente nel 725, quando il re longobardo Liutprando si fermò ad attendere le ceneri di Sant’Agostino, provenienti dall’Africa, sulla spiaggia di questo piccolo borgo e quando queste arrivarono le depositò in una piccola “cella” all’interno di una chiesetta costruita dai pescatori del luogo e dedicata a “Sancti Petri ad Arenaria” per essere custodite, prima di essere trasportate a Pavia, capoluogo italico dell’Impero.

Questa, quasi sicuramente, è la prima notizia storica riguardante Sampierdarena. Probabilmente attorno alla chiesa esisteva già un piccolo ed autonomo borgo popolato per lo più da pescatori.

In questa zona, dove attualmente si trovano la chiesa di Santa Maria della Cella e il palazzo del Municipio, furono edificate le prime case, naturalmente in legno, ed una fortificazione, denominata “castello”, che fungeva da centro per gli scambi sociali e materiali tra i membri della comunità.

Altri gruppi di case e capanne erano situati in diverse parti di questo ampio spazio esteso dall’argine sinistro del Polcevera fino al monte di San Benigno, che segnava il confine con Genova.


Subito a ridosso della collina si trovava la “Coscia” (detta anche “Pedefa”, perché si trovava ai piedi del faro che nel corso dei secoli divenne la Lanterna), un agglomerato di piccoli casolari, abitati da pescatori, e lì arrivava un sentiero che scendeva dall’alto, da “Promontorio” e da “Belvedere”, dove risiedevano e lavoravano un gruppo di contadini. Salendo l’argine del Polcevera, verso nord-ovest, si trovava un altro gruppo di abitazioni edificate intorno ad una pieve dedicata a San Martino: il “Campaccio”. Proseguendo, invece, verso ponente esisteva ancora un piccolo borgo di pescatori, la “Sciumea” (l’attuale zona della Fiumara, denominata, in seguito, anche come “Canto”) che avevano costruito le loro case alla foce del Polcevera.

Questi furono, quindi, i primi cinque rioni che costituirono la primordiale Sampierdarena. Lentamente le varie zone si allargarono e il 2 Febbraio 1131 fu costituito un Comune autonomo con l’elezione dei primi tre consoli: Oberto di Bosolo, Biagio della Scala e Pietro della Plada.

L’elezione avvenne nella pieve di San Martino al “Campaccio”, dove si decise di creare un vero e proprio parlamento, che si adunasse, all’aperto, sul piazzale del mercato o sul sagrato della chiesa.

Il piccolo comune cominciò ad avere una propria autonomia politica ed amministrativa, continuando a subire, in ogni caso, l’assoggettazione di Genova.

Fu proprio dalla grande città che nacquero le fortune di Sampierdarena. Infatti, dopo la conquista della Sicilia da parte di Enrico VI, i consoli genovesi che costruivano e gestivano la flotta dell’Imperatore, non avendo più spazio per l’attracco al Mandraccio, si videro costretti a spostare i cantieri navali da Prè alla grande spiaggia sampierdarenese. Inoltre, in un magazzino del borgo si scaricava il sale, allora bene preziosissimo, proveniente dalle saline siciliane e, viste le grandi quantità che arrivavano, fu necessario il raddoppio di tali magazzini.

Cambiarono, così, le abitudini lavorative dei sampierdarenesi: da contadini e pescatori molti divennero operai e scaricatori, specializzandosi in attività che nel tempo li resero celebri e nominati in tutta la Liguria. Tipici sono gli esempi dei “calafati” e dei “minolli”. I primi, già in opera nel XII secolo, erano coloro che si occupavano di rendere impermeabile lo scafo della nave, introducendo nelle fessure del fasciame pezzi di stoffa catramata che poi erano ricoperti di pece. I secondi, invece, nati professionalmente secoli dopo, erano coloro che con grandi barconi, chiamati “leudi”, caricavano e scaricavano sabbia che era utilizzata come zavorra per i bastimenti di grossa stazza.

Sampierdarena cominciò, quindi, ad avere una propria fisionomia sia strutturale sia sociale. Geograficamente due zone rivierasche, Coscia e Sciumea, poste a ai lati del “Castello”, centro nevralgico del comune dove si svolgeva anche il mercato, una nell’immediato entroterra, il “Campaccio”, e due sulle colline appena al di là del mare, il “Promontorio” e “Belvedere”. Anche i cittadini definirono le loro attività: pescatori, contadini, operai dei cantieri navali e scaricatori nei magazzini del sale.

Sampierdarena, in quell’epoca, era considerata l’ultima “pieve” della Val Polcevera e come diceva il Giustiniani: “Contiene una piaggia lunga un miglio, tanto comoda a  varar delle navi, che non potrebbe esser più; e par che la natura l’abbi fabbricata a questo effetto”.